Giuseppe Fedele Vitale

Giuseppe Fedele Vitale-Salvo, sacerdote, poeta e medico, è uno dei più illustri figli della città di Gangi. Fu poeta dell’Arcadia, segretario per molti anni dell’Accademia degli Industriosi.

Discendente di un nobile casato, venuto a Gangi da Palermo nel 1600 circa.
Giuseppe Fedele nacque il 10 Aprile 1734 da Francesco Antonio ,medico e da Maria Salvo nobildonna.
Ebbe impartita un’educazione signorile e per la parte istruttiva ebbe a maestro D. Francesco Pepe da S. Mauro.
Continuò gli studi a Palermo, dimostrando fin da ragazzo, una spiccata tendenza per la poesia. Nel 1752 entrò nel collegio Massimo dei Gesuiti.
Dopo gli anni di Teologia, venne ordinato sacerdote. Iniziò, quindi venendo incontro alla propria inclinazione e ad una tradizione di famiglia, lo studio della medicina che completò all’Università di Catania, ove conseguì la laurea a pieni voti e la lode nel 1758.
Durante gli anni universitari ebbe occasione di frequentare a Catania l’Accademia degli Etnei. Trasferitosi in Palermo, fu qui molto apprezzato nell’accademia del Buon Gusto, degli Ereini e degli Uniti di Cortona per la sua dottrina e per la sua facile vena poetica.

Studiò con molto profitto presso un collegio di Padri Gesuiti. Ben si fece una straordinaria reputazione come medico, nella cui professione, come affermano i suoi immediati biografi, precorse molte teorie mediche.

Divenuto cieco a 38 anni, in seguito ad una complicazione di gotta, il tribunale, in seguito ad un consulto di medici famosi dichiarò:- “il Cieco non solo poteva addirittura medicare ,ma anche nelle Epidemie sarebbe ottimamente fatto il non appigliarsi a cura veruna senza la direzione del Cieco Vitale”.
Predilesse come abbiamo accennato, oltre agli studi pertinenti la sua professione, anche la poesia e in particolar modo le opere del Tasso e del Trissino che esercitarono su di lui un’influenza decisiva.
Nell’anno stesso della sua cecità concepì di scrivere un poema eroico” La Sicilia Liberata” ,come argomento scelse l’epopea siciliana della cacciata dei Mori, come eroe Ruggero “Nobili di cori “e ginirusu in tutti li maneri”.
“La Sicilia Liberata” il cui titolo integrale “La Sicilia liberata dai Mori” richiama già nel titolo oltre che nell’evoluzione del poema il grande modello “la Gerusalemme Liberata” del Tasso e “l’Italia Liberata del Trissino.
E’ proprio nella eccessiva influenza di questi poeti sul Vitale, la critica indica un limite fondamentale dell’opera dell’Autore gangitano.
Nello stralcio del Camilleri sul Vitale rinvenuto in biblioteca leggiamo una citazione di un suo ignoto biografo:-” Preso dalla ispirazione gli si rizzavano i capelli, enfiavano le vene della fronte, e prorompendo in versi era d’uopo di scrivere con assai speditezza ,tanto essi gli scorrevano agevolmente”.

L’estemporaneità si nota e nuoce, conclude l’ignoto biografo perché significa spesso deficienza di travaglio creativo, superfluità prolissità, mancanza di misura, difetti tutti che il Vitale, pur fra molti pregi ebbe tutti.
Il poema si compone di circa trentamila versi ( più del doppio della Divina Commedia ),ed è ricco di avvenimenti, straordinario per varietà di rime, per similitudini sempre proprie, spontanee, per immagini spesso originalissime.
Il Giovanni Meli uno dei più grandi poeti in dialetto siciliano, autore tra l’altro del poemetto “bucolica” una delle pietre miliari della poesia siciliana, scrisse:- “Questo sarebbe un poema eroico di prim’ordine, se si sfrondasse di alcuni episodi belli ma superflui e se il dialetto non fosse macchiato spesso da voci e maniere italiane”.
A sua discolpa vale il fatto che egli morì ,quando si disponeva a dare al poema “l’ultimo pulimento”, lavoro quanto mai necessario perché il poeta era costretto dalla cecità a dettare i suoi versi .
Altro poema, sulle disgrazie di famiglia, inedito e incompleto, diviso in cinque canti” La Iavene o Regina del Tacuzzo ” è il solo dei tanti melodrammi rimastoci.
Scrisse molte poesie d’indole religiosa, morale e di vario argomento.
Menzioniamo infine una corona di sonetti sulle “Nozze di Bacco “,composti prima della cecità, e il canto intitolato “Il tempo dell’Enguinea Musa” in terzine che aggiunto ad altre composizioni degli Industriosi , fecero sì che l’Accademia di Gangi nel 1771 fosse eretta a colonia d’Arcadia.
G.F.Vitale, muore suicida lasciandosi cadere da un’alta finestra della sua casa del corso, corso che oggi porta il suo nome.
Muore la notte del 20 Settembre 1789, la cecità lo aveva portato ad un forte squilibrio mentale.
Il suo corpo ebbe sepoltura nelle catacombe della chiesa parrocchiale.
In ricorrenza del centenario della sua morte, il comune di Gangi gli intitolò il corso e venne apposta una lapide marmorea sul muro della casa natale con la seguente iscrizione, dettata dal Barone Li Destri di Rainò:

A PERENNE RICORDO IN QUESTA CASA
OVE NACQUE VISSE E MORI’
L’ILLUSTRE CONCITTADINO
GIUSEPPE FEDELE VITALE
AUTORE DELLA SICILIA LIBERATA
IL MUNICIPIO DI GANGI
NELLA RICORRENZA DEL PRIMO CENTENARIO DELLA DIPARTITA
RENDENDO OMAGGIO ALLE PRECALRE VIRTU’ DI LUI
POETA E MEDICO
POSE IL XX SETTEMBRE MDCCCLXXXIX