Storia

Sulle origini di Gangi ancora oggi storia e leggenda si intrecciano.
I Cretesi, venuti in Sicilia a seguito di Minosse alla ricerca di Dedalo, dopo aver perso le navi ed il loro condottiero, decisero di stabilirvisi fondando Minoa.
Alcuni di essi si spinsero verso l’interno, dove, intorno al 1200 a.C., fondarono la città di Engyon e vi edificarono un tempio dedicato alle Dee Madri.
Con il passare degli anni la forza della città cresceva ed il tempio si arricchiva di tesori (l’asta e i cimieri del cretese Merione, nipote di Minosse; le armi di Ulisse; le corazze e gli scudi di Scipione l’Africano), ma una mossa politica ne arrestò l’espansione: il parteggiare per Cartagine nelle Guerre Puniche le costò serie minacce da parte di Marcello, console romano. Al tempo di Verre, governatore romano della provincia di Sicilia, il tempio venne spogliato di una parte dei suoi tesori, e questo episodio verrà ricordato da Cicerone nelle sue “Verrine”. Fin qui la leggenda. La storia ci indica, attraverso i documenti, che nel 1195 Gangi ( già allora sul monte Marone ) appartiene alla contea di Geraci sotto il dominio della contessa Guerrera, insieme alla fortezza di Regiovanni, costruita sulla roccia probabilmente in epoca bizantina o saracena.
Dalla metà del XIII secolo in poi, e fino al 1625, Gangi apparterrà ai Ventimiglia, divenuti nel frattempo Conti di Geraci. Un episodio ancora oggi poco chiaro porrebbe la distruzione dell’abitato di Gangi nel 1299; la vicenda si pone nel quadro delle contese tra Federico III d’Aragona e gli Angioini per i quali sembra parteggiassero alcune cittadine siciliane, fra le quali anche Gangi.
Posta sotto duro assedio dalle truppe regie guidate dal Conte di Geraci, si racconta che la cittadina venne rasa al suolo fino alle fondamenta e che, poco tempo dopo, gli abitanti superstiti abbiano riedificato il nuovo abitato sul monte Marone. Ma il tenore dei patti di resa, dettati dal Sovrano il 24 maggio dello stesso anno, farebbe pensare che, a seguito della deposizione delle armi, Gangi sia stata risparmiata.
Come tutte le cittadine medievali, anche Gangi era cinta da alte mura segnate da poche porte di accesso e torri di difesa. Ad Enrico Ventimiglia succede il nipote Francesco I, a cui va attribuita la definizione del Castello e la realizzazione della torre quadrata, oggi nota come Torre dei Ventimiglia.
La città doveva possedere più direttrici di accesso: alcune irte e particolarmente strette, che conducevano in campagna ad est e ad ovest (che poi saranno le vie Porta di Conte e Porta di Malta); un’altra a valle più adatta ai carriaggi, meglio segnata, che conduceva alla porta sormontata dalla torre. Lungo quest’ultima via si andarono ad ubicare le prime costruzioni religiose che diverranno nel tempo germinatrici di residenza e di espansione della città stessa.
Tra il XIV ed il XV sec., a Gangi, aumentano gli ordini religiosi che rappresentano possibilità di formazione e di istruzione. All’inizio del XVI sec., secondo i dati rilevati dal censimento di Carlo V, a Gangi c’era una popolazione di circa 3200 abitanti e più di 900 abitazioni. Il Cinquecento e il Seicento sono periodi di grande evoluzione sul piano sociale e culturale. Gangi passa, intanto, nel 1625 dalla signoria dei Ventimiglia a quella dei Graffeo, che, per volere di Filippo IV re di Spagna, nel 1629 acquistarono il titolo di principi di Gangi e marchesi di Regiovanni.
Nel 1677 il titolo passò ai Valguarnera. Nel Settecento a Gangi sorgono numerose Accademie di letterati, tra le quali quella degli Industriosi. Viene costruito Palazzo Bongiorno; mentre i palazzi Sgadari e Mocciaro segneranno nell’Ottocento il tessuto urbano della cittadina quale espressione dell’ultima nobiltà terriera.
La storia recente è meno ricca del suo passato. Agli inizi dell’800 gli abitanti erano 9500, più di adesso. Non sono molte le opere realizzate, citiamo solo il Palazzo Comunale, in stile neogotico.
Il resto, poi, è storia moderna, l’Unità d’Italia, il lento decadere dell’aristocrazia e dei loro feudi, l’arrivo degli americani, ecc…